Un Primo Maggio che suona poco politico

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Concertone Primo Maggio

Qual è il vero senso del Primo Maggio?
È questa la domanda che ci siamo ripetuti più e più volte durante questo Concertone, che dopo il cambio sede dello scorso anno è tornato a svolgersi in Piazza San Giovanni per la sua edizione 2025.

La musica è stata il focus di tutto. È normale, essendo un concerto, no? Eppure, qui i discorsi sul lavoro, sulla sicurezza, sulla necessità di un futuro lavorativo stabile e con più garanzie, piuttosto che essere il centro della giornata, sono sembrati più che altro un “doveroso contorno”.

Questa è una giornata di festa, è vero, è normale che l’atmosfera che molte persone vogliano vivere sia quella della leggerezza. Ma come tutte le ricorrenze che nascono da una base politica, dovrebbe essere anche un’occasione di riflessione e condivisione. Ecco perché abbiamo voluto chiedere ai musicisti e agli artisti presenti al Primo Maggio se ritengono la musica un lavoro davvero sicuro, anche dal punto di vista dei diritti e del futuro (e puoi trovare tutte le loro risposte sul nostro profilo Instagram). Perché per noi il Primo Maggio è anche questo: meno leggerezza e più riflessione.

Sul palco e fuori dal palco, nel backstage, l’atmosfera che si è respirata è stata più quella di un grande concerto gratuito dove si va perché “fa figo” piuttosto che quella di un evento mirato anche alla sensibilizzazione.

Partiamo da ciò che è accaduto palco. Chapeau alla line up di questa edizione, che ha effettivamente saputo mettere d’accordo i gusti di tutti, portando dalla musica leggera al pop, dal rap a qualcosa di più rock. Altro elemento assolutamente positivo che abbiamo apprezzato è stata la grande presenza di musicisti emergenti, che come sempre hanno aperto il concerto e iniziato a scaldare il pubblico (anche se ad alcuni di loro, purtroppo, non è stata concessa la diretta televisiva).

Sul palco però i discorsi sul lavoro scarseggiano, o almeno quelli reali, privi delle solite banalità. Si parla di sicurezza e si parla di morti, di come i dati sui decessi durante il lavoro non siano solo numeri, ma persone. Di alcuni di loro si racconta anche la storia, utilizzando le voci narranti di Big Mama, Noemi ed Ermal Meta, i conduttori del concertone. E dopo l’applauso, si torna alla musica.

Agli artisti sul palco è lasciato davvero pochissimo tempo, giusto i minuti dell’esibizione e di augurare uno sterile “buon primo maggio!” prima di correre via. Siamo ben lontani dai tempi in cui Caparezza proponeva una piccola ma significativa modifica alla bandiera italiana, proprio sul palco del Concertone… 

Qualcuno degli artisti riesce a infilare un piccolo discorso durante la sua esibizione. Lo fa ad esempio Giulia Mei, che mentre suona la sua Bandiera ricorda l’importanza non solo del lavoro, ma anche di poter andare al lavoro serenamente, senza rischiare aggressioni per strada e senza subire molestie durante il lavoro. Lo fa anche Brunori Sas con una riflessione totalmente nel suo stile, satirica e ironica: “È un periodo di troppa pace, troppi diritti per i lavoratori, troppa democrazia”.

Impossibile non commentare l’esibizione di Ghali. E non stiamo parlando del suo problema tecnico. Le riprese televisive si sono infatti concentrate principalmente sul cantante, facendo appena intravedere gli attivisti sotto palco che hanno dispiegato durante il brano Casa Mia un’enorme bandiera a favore del Sì al referendum sulla cittadinanza.

Di politica, insomma, non si parla, né sul palco né in televisione. Gli unici a farlo in maniera del tutto esplicita (e a beccarsene le conseguenze in termini di shitstorm social) sono i Patagarri, che invitano tutto il pubblico a urlare insieme a loro “Free Palestine, Palestina libera!”. A mani basse, il nostro momento preferito.

Cosa rimane del Primo Maggio?

La verità è che se a una qualsiasi delle persone presenti nel pubblico del Concertone chiedessimo “che cosa ti rimane di questa giornata?” ben poche risponderebbero con una riflessione su lavoro e diritti.

Una giornata divertente, spensierata, piena di bella musica e basta: è questo che volevamo? 

Una giornata perfetta da raccontare sui social, motivo per cui quest’anno più che mai il backstage è stato invaso da content creator dotati di pass stampa al pari di un qualsiasi altro redattore. L’area stampa è affollata di creator di ogni genere, che nella stragrande maggioranza dei casi non hanno mai trattato alcun tema musicale sui propri profili. Ha senso?

Questa mossa comunicativa ha il suo perché: avvicinare più giovani al Concertone, farlo conoscere tramite i social anche al di fuori della città di Roma. Ed è sicuramente un obiettivo importante per quello che è il concerto gratuito più grande d’Europa. Ma perché allora non investire in una comunicazione che sia diversa e realmente utile?

Quali diritti ha oggi chi entra nel mondo del lavoro?
Come farli valere?
A chi rivolgersi?
E per chi di mestiere vuole creare, fare musica, che garanzie ci sono?
E se subisco mobbing, che cosa devo fare?
E se subisco una molestia sul lavoro?


Queste domande rimangono senza risposta. In un contesto in cui la maggior parte dei giovani non sa ancora leggere la propria busta paga (ammesso che la ricevano), l’intento informativo e di sensibilizzazione appare totalmente perso.

Possiamo sperare in un Primo Maggio 2026 differente?

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