Zelly Yu

Chi ha detto che la musica indipendente è sempre “local”?

Qualche nerd o content creator musicale passerà pur il proprio tempo a scrollare playlist da tutto il mondo, ma resta un modo minoritario di fruire della musica: salvo rari circuiti in lingua inglese, gli artisti indipendenti ovunque nel mondo sembrerebbero non poter ambire a una fama internazionale, e dunque nessun tour. Ma di che salute gode la musica indipendente nel mondo, e come avvicinarla a noi?

Oggi abbiamo il piacere di intervistare uno splendido esempio di un’eccezione a quella che sembrerebbe una regola inviolabile. Zelly Yu è una giovane artista indonesiana dal volto piuttosto familiare, piercing e capelli colorati. Per il mondo da cui proviene, in cui tutto ciò che è digitale ha ancora l’odore del nuovo, ha anche buoni numeri sui suoi social. Ma in Europa non è nessuno, e forse proprio questo la esaltava: il salto nel vuoto. Piena di curiosità verso l’occidente e con un cane di nome Nutella, fa della musica un viaggio, e del viaggio la sua musica. Dopo aver errato in lungo e in largo per India, Thailandia e altri Paesi del Sud Est asiatico, complice un fortunato incontro, è sbarcata in Europa.

Intervista a Kelly Yu: da Bali in Europa

Dunque Zelly Yu, da Bali in Europa. Cosa ti ha spinto a scegliere questo genere di musica?

Mi piace fondere i generi musicali, da sempre. La mia ispirazione musicale proviene dalla musica orientale ovviamente, ma anche dalla musica araba e da un mix di pop internazionale (come Celine Dion, Alanis Morrisette, i Beatles, Whitney Houston) e altro ancora, e mi piace mescolarli tutti insieme. Non si può rimanere per sempre in un solo tipo di musica perché, come nella vita, si va sempre avanti.

Cosa ti ha portato a scegliere l’Europa come destinazione per la tua carriera artistica?

Non credo di aver scelto l’Europa. Piuttosto direi che sento che l’Europa ha scelto me: so che quando è il momento di andare e arriva l’opportunità, devi solo seguire il flusso, e lasciare che tutto accada. Così, quando l’opportunità è arrivata, mi sono detta “perché non far sentire la mia musica anche lì, oltre che nel mio Paese?”. Ed eccomi qua.

Che cosa hai trovato, cosa hai raggiunto durante questa esperienza, sia a livello personale che professionale? 

L’unione. Penso che nel momento in cui incontri e inizi a suonare con nuove persone, è come se l’energia osservasse il modo in cui ti presenti e il modo in cui ti percepiscono anche come artista professionista. Tuttavia, anche come amico. E penso che combinare tutto questo sia un modo per avere una famiglia fuori dagli schemi ed è molto bello.

Come si è creata questa opportunità?

E’ stato così casuale perché stavo guardando un gruppo su Facebook; stavo cercando un open mic, qualche musicista o se ci fossero eventi in corso. Ho messo un post in questo gruppo che in realtà è un po’ spento e lì ho trovato Francesco Putortì. Così, quando lui ha scritto il suo post, un ragazzo ha commentato e io ho deciso di commentare a mia volta, e vedere se rispondeva. Mi ha contattato e da lì è iniziata l’avventura con Band&Breakfast.

Da questa esperienza cosa porti con te artisticamente e umanamente?

Sicuramente nuovi ricordi e nuove opportunità; riconosco anche il fatto che l’ho sempre desiderato,  e sono felice. C’è sempre qualcosa che bisogna continuare a esplorare e portando la propria curiosità in diverse parti del mondo si crea qualcosa. E questo qualcosa porta a sua volta a cose più grandi!

Consiglieresti l’esperienza di Band&Breakfast ad altri musicisti e perché? 

Si, la consiglierei perché come artista indipendente è importante avere qualcuno che ti aiuti a esplorare, soprattutto quando non sei dello stesso Paese: non puoi farlo da solo, perché per arrivare dove sei hai bisogno di aiuto e collaborazione, da sola per me sarebbe stato impossibile. Potresti essere un grande artista e non arrivare da nessuna parte, ed è triste. Perché se sai di avere qualcosa da dare, qualcosa da offrire, e magari meriti di essere ascoltato, devi avere un’opportunità. E se pensi, se sai di avere questo valore, di poter influenzare chi ti  scopre, bisogna far sì che la gente ti ascolti. E con Band&Breakfast senti di essere a casa, hai una famiglia con te lungo tutto il percorso. Quando sono arrivata a Parigi, non sapevo cosa aspettarmi. Penso che sia meglio non aspettarsi molto in genere: professionalmente devi almeno conoscere le basi, ad esempio con quali intenzioni vuoi partecipare a questo viaggio.

Tante altre cose contano poi: come pensi di far parte del team e di ricavarne qualcosa, forse più di tutto, in modo che entrambe le parti non rimangano deluse. Quindi questo è importante, è bello essere anche in un ambiente umanamente accogliente, in cui la musica avvicina tantissimo al di là dei kilometri e delle provenienze. Ma è anche bello mantenere la professionalità allo stesso tempo e direi che è bene essere aperti e pronti, perché non possiamo sempre aspettarci che le persone siano perfette con noi: la perfezione non è di questo mondo, ma con Band & Breakfast ci sono davvero andata vicina! 

Non possiamo che nutrire una grande curiosità per un’artista così aperta verso le opportunità del globo, e salutare con entusiasmo tutti i progetti che rendano possibile avvicinare artisti e ascoltatori di tutto il mondo. Lunga vita -musicale e non- a Zelly, e a tutti coloro che hanno reso la sua presenza in Europa possibile.

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